Dire Straits: “Tunnel of Love”

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Mark Knopfler

Segnalo qui un articolo pubblicato il 14 gennaio 2012 sul Sussidiario. Si tratta di una proposta d’interpretazione della canzone Tunnel of love dei Dire Straits.

“Alcune delle mie migliori composizioni sono nate nei luoghi che frequento solitamente, come pub o per strada […]. L’ispirazione non è una cosa che puoi avere se te ne stai rinchiuso in casa o te ne vai in giro con sei guardie del corpo. Quello non è vivere.”

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DIRE STRAITS/ “TUNNEL OF LOVE”: LA RAGAZZA DEL LUNA PARK IN UN GRANDE ASSOLO DI KNOPFLER  Oppure leggilo qui di seguito:

Alcune delle mie migliori composizioni sono nate nei luoghi che frequento solitamente, come pub o per strada […]. L’ispirazione non è una cosa che puoi avere se te ne stai rinchiuso in casa o te ne vai in giro con sei guardie del corpo. Quello non è vivere”. Così Mark Knopfler, cantante, chitarrista e vera anima compositiva dei Dire Straits, in un’intervista rilasciata nel 1987 alla rivista Q, parlò dell’ispirazione, descrivendola come qualcosa di inscindibile dalla vita personale, una vita che richiede di essere vissuta pienamente e da cui non bisogna proteggersi per evitare colpi sgraditi: queste le due condizioni che premettono la creatività. Ecco il resoconto dell’amico musicista Steve Philliphs, che racconta dell’attenzione di Knopfler alla realtà, la vera fonte dell’ispirazione: “Spesso, quando esce di casa, anche solo per andare al ristorante, si porta dietro una borsa tipo pescatore. Dentro tiene un grosso bloc-notes sul quale prende appunti seguendo l’ispirazione del momento. Molte sue canzoni nascono da idee estemporanee che vengono fissate su carta al momento”.

Le canzoni dei Dire Straits, e così pure quelle realizzate per gli album da solista di Knopfler, alludono dunque a fatti accaduti, persone incontrate, circostanze vissute, e sono spesso intrise di riferimenti autobiografici. È questo il caso di Tunnel of love, canzone fra le più celebri dei Dire Straits, pubblicata nel 1980 nell’album Making movies. In un’intervista rilasciata a Melody Maker il cantante e chitarrista ha dichiarato: “La canzone funziona… come spero funzionino la maggior parte di quelle contenute nel disco. Nel testo di Tunnel of love ci sono dei riferimenti all’infanzia. Ricordo che da piccoli andavamo tutti alla fiera della Baia di Whitley“.

Il testo è così strettamente legato all’infanzia di Knopfler da essere praticamente intraducibile senza un’adeguata conoscenza del contesto. L’ambientazione della canzone è infatti un luna park di Newcastle, dove l’autore era solito andare da bambino, e i molti nomi elencati lungo il pezzo (Waltzer, Sixblade, Switchback, ecc…) non sono altro che nomi di giostre di quella fiera. In altri casi, termini come Rockaway, Steeplechase e Palisades sono nomi di altri parchi di divertimento di New York.

La canzone racconta una storia (“una canzone sull’essere innamorati” come la presentava il leader dei Dire Straits durante i concerti) e, come ben sottolineato da Giulio Nannini e Mauro Ronconi, “nel testo viene spesso usato il dialogo in forma diretta, conferendo alla narrazione una dimensione scenica e teatrale”; il racconto è inoltre intervallato da alcuni lampi di riflessione ben contraddistinti musicalmente. La canzone si presenta in una forma piuttosto inusuale: alla consueta successione di strofa, ritornello e bridge (dedicati pressoché interamente alla narrazione) fa seguito un ulteriore periodo musicale che, dal punto di vista del contenuto espresso dal testo, funge da giudizio sull’esperienza raccontata e, nel finale, fornisce lo sfondo per un meraviglioso assolo di chitarra, uno dei più belli della produzione di Knopfler.

Ad aprire la canzone è una citazione dal Carousel waltz di Richard Rodgers e Oscar Hammerstein II, celebre melodia d’apertura del musical Carousel del 1945. “Mi ricordo che la ascoltavo alle fiere, ma non sapevo quale fosse il titolo. Un po’ di tempo fa mi sono ritrovato a canticchiarla e chiesi a qualche amico: “La conosci questa?” Tutti sapevano cantarla fino alla fine, ma non ne ricordavano il titolo. Poi sono andato in biblioteche e posti specializzati in effetti sonori e alla fine qualcuno l’ha riconosciuta”.

Dopo la citazione da Carousel, tre rintocchi annunciano l’inizio della canzone, che prende vita con pieno slancio, caratterizzata da un riff rock aggressivo, un ritmo travolgente e gli abbellimenti pieni di lirismo della chitarra di Knopfler. Il protagonista della canzone è abbagliato da tutte le attrazioni che può proporgli la vita; l’esistenza è paragonata a un grande luna park dove ogni giostra, con le sue luci attraenti, è “consumata” rapidamente, una dopo l’altra, come una ruota che gira senza mai fermarsi: “Andare matto per i Waltzer, ma è la vita che ho scelto / Cantare del Sixblade, cantare dello Switchback e di una tenda per i tatuaggi […] E la grande ruota panoramica continua a girare / e i neon bruciano là sopra / E sono proprio esaltato da questo mondo”.

In questo mondo di continui richiami affascinanti arriva lei, una donna intravista che emerge sullo sfondo (“In un cerchio di facce urlanti / L’ho vista stare in piedi nella luce / Aveva un biglietto per le corse… / Hey, proprio come me, era una vittima della notte / Ho afferrato la leva della slot-machine / e mi sono detto: lasciamola andare / Avevo la febbre da gioco d’azzardo / una freccia mi aveva trapassato il cuore e l’anima”). Il protagonista è affascinato dalla donna e presto il loro incontro si concretizzerà in un’altra “girandola”, un’altra attrazione da vivere intensamente per poi passare a un altro giro di valzer, come spiega bene il ritornello: “Vieni a fare un giretto con me ragazza / sul tunnel dell’amore”, e poi nella strofa successiva: “Lei disse: ‘Sei un perfetto estraneo’, disse: ‘Baby, restiamo così, / E’ solo un giretto in giostra”.

Tuttavia, ciò che si era presentato come un ennesimo giro in giostra rivela un’esperienza più profonda, ben sottolineata musicalmente da un nuovo periodo musicale in cui l’attitudine tipicamente rock della strofa e del ritornello lascia il campo a un’inclinazione più distesa. La narrazione si ferma ed emerge il giudizio del protagonista: “Ragazza, mi sembra così bello, come è sempre stato / Come mi pareva Spanish City quand’eravamo ragazzi”. La bellezza presentita con la ragazza incontrata è così profonda da far tornare in mente l’infanzia, il periodo in cui Knopfler andava a Spanish City, un luogo che aveva un fascino infinito per lui.

Ecco come ne ha parlato in un’intervista rilasciata al giornalista Robert Sandall: “C’era un parco dei divertimenti a Cullercoates, la “città spagnola”, chiamata così perché era un posto esotico. Aveva queste torri bianche che sembravano quasi minareti e tutti la chiamavano Spanish City. C’era anche un altro luna park, che arrivava fuori Newcastle una volta all’anno ed era il più grande parco dei divertimenti d’Europa, mi affascinava in modo incredibile. Amavo tutta quella situazione, era come se mi parlasse, l’odore, il diesel, le caratteristiche macho dei tipi che azionavano l’autoscontro e la musica da valzer”.

In qualunque momento della vita, come un chiodo fisso, l’uomo è caratterizzato da una domanda che si esprime quasi inconsciamente con un paragone con la propria giovinezza, il momento in cui tutto nella vita è vissuto come promessa. “Leopardi dice che il termine di paragone continuo dell’uomo è la sua giovinezza. […] è nella giovinezza che tutto sembra un sogno. Nella giovinezza, “dell’arida vita unico fiore”, sta il momento più illusivo, ma nello stesso tempo più corrispondente al desiderio e all’attesa che ha l’uomo” (Giussani).

La vita è come un tentativo continuo di tornare a Spanish City, salire in una giostra dopo l’altra alla ricerca di quella bellezza presentita nella giovinezza, ma spesso questo tentativo si accompagna a un’amarezza, una “rimembranza acerba” come diceva Leopardi: “proprio nel centro, nel cuore della sorgente del piacere, scaturisce qualcosa di amaro, una vena d’amaro, che stringa, o che strugga, che strugga il cuore della stessa gioia, nei momenti della gioia, anche nei momenti della gioia (Giussani)”.

Eppure, fra le tante attrazioni della vita, il protagonista della canzone sembra aver finalmente trovato o intuito qualcosa che lo riporta ai tempi della giovinezza, così carica di attesa e di promessa (“Ragazza, mi sembra così bello, come è sempre stato / Come mi pareva Spanish City quand’eravamo ragazzi”).

Dopo un breve intermezzo musicale che preannuncia il ritorno dell’energia iniziale, la narrazione riprende al solito ritmo incalzante: “Si tolse un ciondolo d’argento, disse “Con questo ti ricorderai di me”/ Mi mise una mano in tasca, ricevetti un souvenir e un bacio/ E restai a guardarla andare via tra la polvere e il rombo del motore/ Avrei potuto raggiungerla facilmente ma qualcosa deve avermi trattenuto”.

Nonostante l’esperienza vissuta rimane un’ultima resistenza: il protagonista non vorrebbe separarsi dalla ragazza, eppure la lascia andare, qualcosa misteriosamente lo trattiene dal seguirla. Ciò che rimane è allora un’inquietudine, una ricerca quasi spasmodica che ritorna sui luoghi che un tempo promisero al protagonista la felicità: “E ora sto cercando fra queste giostre e i baracconi del luna park / Cercando dappertutto da Steeplechase fino a Palisades/ In ogni tiro a segno dove mi furono fatte promess / Fino a Rockaway, Rockaway, da Cullercoats e Whitley Bay, via fino a Rockaway”.

La canzone si conclude con la ripetizione del periodo musicale più emozionalmente intenso (“Ragazza, mi sembra così bello, come è sempre stato / Come mi pareva Spanish City quand’eravamo ragazzi”), ma stavolta questo giudizio è quasi sussurrato, in tono nostalgico, con la musica che accompagna dolcemente le parole di Knopfler, che sembra contemplare con maggiore attenzione quello che è accaduto.

Stranamente, il sentimento dominante del finale non è la tristezza per ciò che è stato perso: nell’assolo conclusivo la chitarra di Knopfler è “più lirica che mai, espressiva più di mille parole” (Nannini e Ronconi), e sembra rivolta più alla bellezza intravista che alla sua perdita. Come se quello che è accaduto avesse fatto presentire un destino grande per sé.

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lorenzo puliti

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