Kansas: Dust in the wind. La fugacità dell’istante

K
Kansas Dust in the wind, video originale
Kansas, Dust in the wind, 1977.

La scena progressive rock degli anni ’70 è stata sicuramente uno dei momenti più fecondi della storia del rock, proponendo una serie di band impegnate a espandere i confini della forma-canzone e a ricercare nuove soluzioni timbriche. Di questo grande “movimento” fecero parte anche i Kansas, band con un sound fortemente caratterizzato dalla presenza del violino (Robby Steinhardt) e capaci di far convergere nelle proprie composizioni influenze disparate, dal country al blues, dall’hard rock a una concezione musicale di matrice orchestrale.

La band esordì nel 1974 con un ottimo disco (Kansas), ma fu due anni dopo, con Leftoverture, che colse il primo grande successo, soprattutto grazie al singolo Carry on wayward son.

La nostra storia comincia poco più in là, nel 1977, con i Kansas lanciati e in piena ascesa, nuovi alfieri del progressive rock americano del periodo. Tutto a quel tempo sembrava andare a gonfie vele, eppure qualcosa mancava. L’obiettivo di una vita, quello di veder acclamata la propria musica, era stato finalmente raggiunto. Eppure qualcosa continuava a stridere, anzi proprio in quel periodo in cui il traguardo era stato finalmente raggiunto un’insoddisfazione si palesava ancora più chiaramente.

Kerry Livgren, tastierista, chitarrista e anima compositiva del gruppo, descrisse in un’intervista il suo stato d’animo di quel periodo:

“Stavo leggendo un libro su una poesia indiano-americana e mi imbattei in una frase in cui si diceva: ‘perché tutto ciò che noi siamo è polvere nel vento’. E io pensai: ‘è proprio vero. Adesso ho il successo (avevo tutti quei possedimenti materiali, avevo raggiunto il traguardo nella mia vita a quel punto), eppure sto tornando a terra (e questo cosa significa?)’”.

Fu proprio da qui che prese vita la scintilla creativa, dando vita a uno dei pezzi più celebri dei Kansas, Dust in the wind, il singolo che avrebbe impreziosito il loro album successivo, Point of know return.

 

Kansas Dust in the wind, live unplugged con quartetto d'archi
Kansas, Dust in the wind, versione unplugged con quartetto d’archi. Ascoltabile alla fine dell’articolo. Fonte: veehd.com

La musica nacque quasi per caso: Livgren si stava esercitando alla chitarra in un passaggio fingerpicking quando la moglie ne rimane colpita e gli suggerisce di usarlo per una nuova canzone. Livgren lo propone alla band ma è ancora un po’ scettico, il sound a suo avviso non è propriamente da Kansas, ma questo poco importa al gruppo, che accoglie il pezzo con entusiasmo. La band tesse un arrangiamento a due chitarre (una in accordatura Nashville) e affida il bridge alle trame solistiche del violino di Steinhardt, sintesi perfetta del dolore, dell’amarezza e della profonda tristezza che pervade il pezzo. Il resto lo aggiunge la bellissima voce di Steve Walsh che con la sua interpretazione sembra partecipare in pieno all’esperienza vissuta da Livgren.

“Chiudo gli occhi, solo per un istante, e quel momento se n’è già andato”.
Così si apre la canzone, con una riflessione sulla fugacità dell’istante, sull’impossibilità delle cose a durare. Ecco il resto del testo:

“Tutti i miei sogni passano davanti ai miei occhi, una curiosità
Polvere nel vento, sono solo polvere nel vento.

La stessa vecchia canzone, solo una goccia d’acqua in un mare infinito
E tutto quello che facciamo si sgretola al suolo, anche se rifiutiamo di accettarlo
Polvere nel vento, tutto quello che siamo è polvere nel vento. 

Non ti attaccare, niente dura per sempre se non la terra e il cielo
Tutto scivola via e tutti i tuoi soldi non potranno comprare un solo minuto in più
Polvere nel vento, tutto quello che siamo è polvere nel vento”

Tutto passa dunque, come polvere portata via dal vento, l’uomo e i suoi pensieri non sono che “una goccia d’acqua in un mare infinito” e le gesta umane, per quanto grandi, “si sgretolano al suolo, anche se rifiutiamo di accettarlo”.

È la percezione del carattere effimero della realtà, una di quelle scoperte che identificano l’uomo come tale, nella sua grandezza, nella capacità cioè di rendersi consapevole della realtà che lo circonda fino a riconoscere che da sola non può consistere.

Se niente dura per sempre, se “tutto il mondo passa e quasi orma non lascia” come direbbe Leopardi, cosa ci resta? Per un istante la canzone sembra prospettarci una soluzione amara: “Non ti attaccare, niente dura per sempre se non la terra e il cielo”.

Kansas Dust in the Wind singolo copertina
Kansas, Dust in the Wind, copertina, 1977. Fonte: Wikipedia.

Eppure il presentimento di qualcosa oltre la superficie della realtà c’è. L’accorgersi del fatto che la realtà non può consistere da sola è una scoperta che porta sull’orlo di un baratro, cioè introduce la più grande delle questioni, la più affascinante delle provocazioni: chi è che la fa consistere? La realtà è niente oppure è fatta e tenuta in piedi da qualcuno?

Livgren ha così descritto la canzone: “Stavo solo esprimendo la mia ricerca personale di qualcosa”.
Dust in the wind non è dunque da intendersi come un giudizio definitivo sulla vita e sul destino delle cose, ma come l’inizio di una riflessione, di un percorso personale, di una ricerca che avrebbe portato Livgren nel 1979 alla conversione al Cristianesimo.

“Dalla percezione vertiginosa dell’apparenza effimera delle cose, si sviluppa come cedimento e negazione menzognera la tentazione di pensare che le cose siano illusione e nulla. […] le cose che hai, le persone con cui vivi, o sono niente (nichilismo) oppure sono parte indistinta dell’Essere, parti di Dio (panteismo). Dunque, o nichilismo o panteismo. Queste posizioni sono, oggi, la risposta ultima in cui tutti cedono e che tutti ci abbraccia in mancanza di un appoggio solido e chiaro” (Luigi Giussani).

Suggerisco qui l’ascolto della versione live, seguita da un assolo di chitarra di Rich Williams (da 4:35), preferibile a mio avviso a quella incisa in studio.

Un’altra bellissima versione successiva è quella unplugged con arrangiamento per quartetto d’archi. Buon ascolto!

© Riproduzione Riservata

About the author

lorenzo puliti

3 comments

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Da lorenzo puliti